IL RIUSO:
LA R DIMENTICATA (MA PIÙ UTILE)
Ho scritto questa pagina nel 2007, ma - a distanza di 15 anni - le cose non sono poi tanto cambiate sul fronte del Riuso!
Nel frattempo è nata e si è affermata l'economia circolare - dove è stata definita chiaramente la gerarchia nella gestione
dei rifiuti - prima la Riduzione (prevenzione e riuso) - e solo poi il Riciclo - sono stati aggiornati i vari obiettivi di riuso e raccolta differenziata
da raggiungere nel tempo (dai quali peraltro a Genova siamo ben lontani), la normativa sul riuso e la riparabilità si è evoluta e
ampliata anche se in naniera ancora poco organica)sono stati definiti obiettivi di Economia Circolare collegati ai Centri per il Riuso e finanziati dal PNRR.
Ma a Genova siamo sempre alle solite. Anzi, siamo anche un pochino arretrati!
Proprio a fine 2007 è stata infatti realizzata da AMIU a Genova-Campi la mia proposta del 2003 per un centro Comunale per il Riuso,
che ha preso il nome di Fabbrica del Riciclo, cosa che mi ha fatto molto piacere.
Il progetto è partito in forma sperimentale, senza cioè tutte le funzionalità che avevo ipotizzato e che avrebbero
realizzato una filiera completa di riutilizzo (conferimento diretto dei beni, raccolta dedicata e puntuale, laboratori di riparazione e restauro, ecc.),
ma ero convinta che con il tempo il modello inizialmente ipotizzato si sarebbe gradualmente evoluto.
Purtroppo, però, ciò non è avvenuto e la Fabbrica del Riciclo ha continuato a operare
in forma "semplificata" fino al 2018, anno in cui – malauguratamente –
il capannone dov’era ospitata è stato completamente distrutto dal crollo del ponte Morandi.
E a tutt’oggi, la Fabbrica del Riciclo non è stata ripristinata!
Non ho cambiato praticamente una virgola di quanto scrivevo nel 2007, e tante cose sono un po' obsolete, soprattutto per quanto riguarda le definizioni.
Il ragionamento che facevo allora, però, è assolutamente valido anche oggi, e proprio perchè sono passati tanti anni forse è diventato ancra più attuale e urgente.
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Spendiamo molto denaro per liberarci di beni che che oggettivamente conservano, anche quando
a noi non servono o non piacciono più, un qualche valore grande o piccolo, e non ci troviamo nulla di strano.
Come se ogni volta che decidessimo di cambiare la casa o l’auto avessimo come unica alternativa quella di pagare
qualcuno per demolirle, invece di cercare qualcuno disposto ad acquistarle ricavandone un utile.
Un proverbio dice “Non sempre lo spreco è segno d'abbondanza”.
Qualche volta sprecare denota didinteresse oppure ottusità, altre volte è segno di pigrizia,
talvolta dipende dalla mancanza di alternative: sempre però è un comportamento inutile e dannoso che va a svantaggio
sia del singolo che della collettività.
Riciclo, termovalorizzazione, discarica. Fra tutte le possibili destinazioni degli scarti l’quella della quale
praticamente non si parla mai, nel bene o nel male, è la Riduzione.
Si citano sempre le famose quattro R - Riduzione, Riuso, Riciclo (recupero di materia) e Recupero energetico -
come le azioni da svolgere, in ordine di importanza, per combattere l’emergenza
rifiuti.
Nella pratica però questa riorità non viene rispettata: solitamente si inizia dal fondo, per evitare la discarica si
invoca spesso il Recupero, inteso come la generazione di energia attraverso l’incenerimento dei rifiuti, poi, risalendo, c'è il Riciclo
per la trasformazione dei materiali in materie prime seconde. Ma queste sono tutte azioni che vengono attuate a valle, soltanto cioè su rifiuti
che sono già
stati generati e sono tese a “salvare il salvabile” nella gran massa di rifiuti prodotti.
Le prime due R, invece, non vengono quasi mai tirate in ballo anche se si occupano “a monte” del problema, di rifiuti
cioè che non sono ancora stati generati e che, con l’attuazione di queste pratiche, non verranno prodotti. Attività, quindi,
molto più sostanziali ed efficaci.
Sembra ovvio, ma lo vorrei ribadire, che il rifiuto migliore è quello che non viene prodotto ,
per cui bisogna incentivare ogni pratica che ne riduca la produzione.
La Riduzione dei rifiuti in termini di Prevenzione, intesa come l’eliminazione
di imballaggi, confezioni ed altri materiali che servono soltanto
a contenere e trasportare i beni di consumo e che, per loro natura,
sono già all’origine destinati a diventare rifiuti richiede
però una radicale trasformazione del sistema di produzione,
trasporto, distribuzione e vendita della merce. Non è quindi
un’azione facile da attuare in assenza di un quadro legislativo
e normativo adeguato.
Il Riuso, invece, è una pratica semplice e diretta: infatti recuperare e riutilizzare
(anche dopo azioni di riparazione e trasformazione, quando necessarto)i beni così come sono, senza alcun trattamento
industriale, è palesemente la pratica più ecologica, economicamente conveniente e “facile” da
realizzare.
Per questi beni uno sbocco alternativo alla discarica non è difficile da immaginare: in tutt’Italia, ed anche
nella nostra regione, esiste da sempre un fiorente mercato dell’usato;
non sempre è facile, però, intercettare i beni riusabili,
per cosi dire, alla “fonte”, con la conseguenza che ogni
giorno tonnellate di beni direttamente riutilizzabili finiscono
in discarica, producendo un notevole ed inutile costo ambientale ed economico.
Se invece il Riuso fosse, giustamente, incluso
organicamente nel piano complessivo di riduzione dei rifiuti, non
solo si annullerebbe l'impatto ambientale dovuto allo smaltimento
di una grande quantità di materiale, ma si riuscirebbero anche
ad ottenere guadagni e possibilità lavorative lì dove
ora esistono solo costi. Oltre a questo sarebbe inoltre
possibile premiare i comportamenti corretti dei cittadini con la riduzione
della tariffa di smaltimento rifiuti a carico di famiglie e imprese.
Far crescere la cultura del Riuso,
e di conseguenza promuovere azioni finalizzate ad introdurre il
Riuso come priorità (non
solo sulla carta!). significa infatti entrare in sinergia con tutti
i soggetti capaci di assorbire un'offerta di scarti, utilizzare manodopera
(specializzata e no) per lo smistamento, il restauro e lo smontaggio,
studiare e realizzare sistemi di raccolta più accurati ed
efficienti, creare strutture logistiche per immagazzinare e distribuire
le merci: insomma una vera e propria filiera “industriale”.
Si tratta di un processo innovativo ma semplice che aspetta solo un atto di buona volontà. soprattutto POLITICA (!) per
essere avviato.
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