MA L’ INCENERITORE CONVIENE? UN’ANALISI
COSTI BENEFICI
Ho scritto questa pagina nel 2007, ma - a distanza di 15 anni - tutte le considerazioni fatte a suo tempo sugli inceneritori
con recupero di energia (in Italia definiti termovalorizzatori) mi paiono ancora valide!
Nel frattempo, in questi anni, è nata e si è affermata l'economia circolare, è stata definita chiaramente la gerarchia nella gestione
dei rifiuti - prima riduzione (prevenzione e riuso) - poi riciclo (recupero di materia) e - solo prima della discarica - recupero di energia,
sono stati aggiornati i vari obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere nel tempo(dai quali a Genova siamo peraltro ben lontani),
la normative si è evoluta e arricchita.
Comunque il tema dei termovalorizzatori è sempre in campo, specie quando ci si trova in situazioni di emergenza rifiuti, come sta succedendo a Roma proprio in questi giorni
(aprile 2022. Di fronte a emergenze cresciute nel tempo e causate da scelte sbagliate o assenza di scelte,
quella di incenerire i rifiuti appara spesso come una soluzione risolutiva, quasi catartica!
Visto che gli obiettivi al 2030 sono del 10% di rifiuti in discatica e che una raccolta differenziata efficiente (anche ipotizzando impianti di riciclo
per le frazioni di rifiuto attualmente non trattate) mi sentirei di affermare che la sostenibilità economica di un termovalorizzatore costruito oggi
sarebbe molto opinabile.
E comunque se si intendesse ottenere un recupero energetico da frazioni di rifiuto per i quali il recupero di materia fosse impossibile, difficile
o antieconomico esistono già soluzioni tecnologiche più adatte ed efficienti, e sicuramente altre ne nasceranno.
Attualmente, per non ostacolare l'incremento di raccolta differenziata, non è comunque già possibile realizzare nuovi termovalorizzatori
che trattino più del 30% di rifiuti indifferenziati che, va puntualizzato,
se privati di plastica e carta (che hanno un buon potere calorifico) vanno arricchiti di combustibili fossili per essere inceneriti
(e questo è il motivo per cui frazioni consistenti di plastica mista da raccolta differenziata finiscono nei termovalorizzatori).
Vale quindi la pena riproporre alcuni ragionamenti non soltanto di carattere sanitario e ambientale, ma anche tecnico ed economico. E direi anche sociale,
in quanto è dimostrato dalle teorie di economia citcolare come i posti di lavoro creati sul territorio dalle parti basse della piramide dei rifiuti (recupero energetico e discarica)
sono inferiori da tre a cinque volte rispetto a quelli che si creerebbero nelle filiere del riuso, della riparazione, del riciclo.
Nel seguito vi riporto, praticamente senza modifiche, quanto scrivevo nel 2007: già all'epoca non ritenevo opportuna la realizzazione di un
termovalorizzatore a Genova, scelta che non ritengo valida nemmeno oggi, anzi ancora di meno, essendo cmbiate nel frattempo le condizioni
(anche se con le percentuali di raccolta differenziata siamo sempre fermi al palo!).
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Nel luglio 2006 é stata deliberata la costruzione di un con
recupero di energia, denominato - soltanto in Italia - temovalorizzatore: questo tra molte polemiche per lo più legate
alla paura di rischi per la salute. Pur essendo molto meno inquinanti
rispetto ai vecchi inceneritori, i termovalorizzatori infatti non
eliminano in ogni caso l'emissione di diossine nei fumi di scarico
dispersi nell'atmosfera circostante. Un fatto su cui concordano ormai
tutti, costruttori, medici e tecnici. Basti pensare che da
tempo si sa che non esiste una soglia minima di sicurezza per le
diossine, che possono essere nocive per l'uomo a qualsiasi livello
di assimilazione (US Environment Protection Agency 1994). Motivo
che già di per sé è sufficiente per comprendere
lo stato d'animo dei cittadini e le mobilitazioni sociali in questo
senso.
Ma anche se, supponiamolo per un momento, non
ci fosse alcun rischio per la salute legato all'incenerimento dei rifiuti, sarebbe
comunque necessario considerare il problema anche da un’altra
ottica, quella del vantaggio economico: infatti è proprio
mettendo in dubbio i vantaggi economici dell'incenerimento (costi
di costruzione, gestione e manutenzione elevatissimi) che
si afferma la scelta – per ragioni economiche, ripeto, prima
ancora che ambientali – di considerare il Riuso e il Riciclo
assai più efficienti rispetto alla termovalorizzazione e
quindi, sulla base di dati non opinabili, evitare una decisione
sbagliata.
Persino il termine termovalorizzazione è criticabile,
proprio in quanto Riuso ed Riciclo sono nettamente più "valorizzanti" dell'incenerimento:
per esemplificare, si risparmia molta più energia riutilizzando
e/o riciclando una bottiglia di plastica di quanta energia non si ricavi
dalla sua combustione, perché quest'ultima permette di recuperare
solo una minima parte dell'energia e delle materie prime consumate
per produrla.
Non va neppure dimenticato che, dopo la combustione dei rifiuti rimane comunque un volume di ceneri pari a circa il 25% del volume originario
immesso nel termovalorizzatori. E queste vanno depositate in discariche per rifiuti speciali.
Quindi i rifiuti non spariscono e si trasformano integralmente in energia ma una parte non trascurabile di essi
(considerando anche il 10% di prodotti incombustibili, anche provenienti dallo scarto della raccolta differenziata) va comunque gestita in discarica.
Per ottenere questo risultato è però necessario
spendere ingenti cifre per la costruzione dell’inceneritore,
attingendo a contributi ed incentivi pubblici – che sono soldi
di tutti – nonché sostenerne, sempre con il denaro fornito
dalla collettività, le altissime spese di gestione e di manutenzione. Alla
fine si è eliminato (!), per così dire, il 75% dei
rifiuti senza in cambio ottenerne praticamente nulla, se non dei costi.
La produzione di energia di questi impianti è infatti molto
limitata rispetto agli investimenti, e questo dipende soprattutto
dalla qualità del combustibile. Il rendimento di qualunque
impianto, infatti, cresce quanto più il combustibile è raffinato
ma cala drasticamente con combustibili “sporchi”. E quale
combustibile può essere considerato più “sporco” dei
rifiuti?
L'incenerimento infatti, come lo smaltimento in discarica,
tratta tutti i rifiuti allo stesso modo, come fossero qualcosa di
omogeneo. Ciò è non solo ambientalmente rischioso,
ma tecnicamente ed economicamente irrazionale.
L'inceneritore brucia in maniera indifferenziata tutti i rifiuti, sia ciò che è utile
bruciare perché dà un
buon rendimento energetico – carta, plastica, legno: ma allora
non varrebbe più la pena di farne raccolta differenziata – sia
ciò che non fornisce energia (vetro, ceramica, metalli), sia
ciò che assorbe energia anziché fornirla (i residui
alimentarie vegetali), sia ciò che è pericoloso bruciare
(plastica clorurata, batterie, contenitori tossici, lampade a vapori
fluorescenti, farmaci scaduti, ecc.).
Brucereste nella vostra stufa a legna in campagna i cocci di un piatto rotto, la lampadina fulminata,
le bucce delle patate o un barattolo consumato di vernice? Nell'uso
di un inceneritore queste azioni, prive di senso o pericolose rispetto
al naturale processo di combustione, si compiono abitualmente.
In più tutte le operazioni di selezione, essiccatura, pressatura
e trasporto dei rifiuti consumano complessivamente moltissima energia,
probabilmente superiore a quella ottenuta dalla loro combustione.
Oltretutto l’energia prodotta viene venduta alle societá elettriche
ad un prezzo molto maggiore di quello di mercato. La differenza la
pagano le nostre tasche con quote addizionali sulla bolletta elettrica
destinate alle energie rinnovabili o “assimilate” (!)
: come se non bastassero le tasse salatissime che già paghiamo
per lo smaltimento rifiuti!
Con una raccolta differenziata
di qualità, invece,
si possono sottrarre ai rifiuti fino all’80% di materiali
riciclabili. Un risultato migliore, quindi, di quello ottenibile
con l’inceneritore e tutto senza grossi investimenti e, questo
sì, assolutamente senza rischi per la salute. E poi dalla
vendita dei materiali riciclabili si può trarre un ricavo,
che può compensare, pareggiare o anche superare i costi
collegati alla loro raccolta; e magari questi benefici economici
potrebbero contribuire a ridurre la contribuzione di persone ed
imprese.
Prova ne sia che in molte Nazioni dove 20 anni
fa sono stati costruiti gli inceneritori, essendo state nel contempo
adottate serie politiche rivolte alla raccolta differenziata e
mancando quindi il “carburante” necessario
a farli funzionare, gli inceneritori diventano antieconomici e vengono
quindi progressivamente dimessi.